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I "parmureli" di Bordighera

     La domenica che precede la Santa Pasqua vuole commemorare l'entrata trionfale di Gesù in Gerusalemme: tra due ali di folla che stendendo a terra i mantelli per formare un tappeto ed agitando festosamente rami di palma e d'ulivo - abbondanti nella regione - Gli rendeva onore esclamando “Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! 

     Anche a Bordighera, come in molte zone d’Italia, con le parti tenere delle grandi foglie di palma, vengono intrecciate piccole e grandi confezioni addobbate, che vengono regalate o scambiate fra i fedeli in segno di pace.
     La benedizione delle palme è documentata sin dal VII secolo ed ebbe uno sviluppo di cerimonie e di canti adeguato all’importanza sempre maggiore data alla processione. Questa è testimoniata a Gerusalemme dalla fine del IV secolo e quasi subito fu accolta dalla liturgia della Siria e dell’Egitto.
     In Occidente giacché questa domenica era riservata a cerimonie prebattesimali (il battesimo era amministrato a Pasqua) e all’inizio solenne della Settimana Santa, benedizione e processione delle palme trovarono difficoltà a introdursi; entrarono in uso prima in Gallia (sec. VII-VIII) dove Teodulfo d’Orléans compose l’inno “Gloria, laus et honor”; poi in Roma dalla fine dell’XI secolo.
     L’uso di portare nelle proprie case l’ulivo o la palma benedetta ha origine soltanto devozionale, come augurio di pace.


 
     La peculiarità di Bordighera risale all'anno 1586 in seguito ad un episodio avvenuto  allorchè papa Sisto V decise di far erigere, in Piazza San Pietro, l’obelisco egiziano dedicato da Caligola ad Augusto e Tiberio: le funi di sollevamento erano prossime al punto di rottura ma, nel silenzio generale della difficile operazione di sollevamento, un grido lacerò la piazza: “Aiga ae corde” impartito dal capitano marittimo Giovanni Bresca, che assisteva alla manovra. Il perentorio suggerimento venne ascoltato e le corde, adeguatamente bagnate, si contrassero permettendo così il definitivo assestamento dell’obelisco che era pericolosamente in bilico. Il Papa, riconoscendo il tempismo e l’utilità di quel grido, conferì al Bresca ed alla sua progenie il privilegio di fornire ogni anno al Vaticano le palme necessarie per la commemorazione della Domenica delle Palme. Da allora varie famiglie di Bordighera hanno onorato l’antico privilegio.

      Eccoci arrivati alla fase finale: l'intreccio. Pare che a queste opere di fattura squisitamente barocca, ci si dedicarono, in un primo tempo, le  suore benedettine camaldolesi. In seguito al loro graduale abbandono, questa attività venne ripresa da molti artigiani dell'intreccio e da loro personalizzata, vennero quindi a crearsi opere differenti tra un luogo e l'altro; i parmureli di Bordighera mantennero quasi inalterato lo stile producendo nuove figure rappresentative. 

La tradizionale coltivazione

della palma ha costituito per secoli una delle risorse economiche della antica Bordighera. Le sue grandi robuste foglie venivano legate con abilità per renderle chiare, poi erano tagliate e infine lavorate per il rito cattolico della Domenica delle Palme. I rami verdi venivano invece usati per la festa dei Tabernacoli degli Ebrei. Si pensi che in passato, dai primi del ‘700 fino al primo ‘800, esisteva un apposito Magistrato, incaricato dalla vendita all’incanto delle palme. I rami chiari, lavorati con artistici intrecci e figure dalla gente del paese, sono i noti “Parmureli”, usati per la solenne benedizione della Domenica delle Palme.  Fino a tempi recenti Bordighera manteneva il privilegio secolare di fornire ogni anno al Vaticano i rami “bianchi” di palma per la celebrazione del rito della Settimana Santa. Vi provvedeva la ditta allavena dell’Arziglia, con la collaborazione del compianto Ampeglio Palmero ( provetto legatore di palme), succeduto al mitico Silvio Gramagna e proseguito  da Luciano Traverso).   Negli ultimi decenni dell’ottocento, il botanico tedesco ma bordigotto di adozione, Lodovico Winter, promosse e incrementò la coltivazione, nei suoi vivai, delle palme; non più solo delle dattilifere, ma anche di altre varietà come la “Phoenix canariensis”( anch'essa usata per i “Parmureli”, come la più antica dactylifera), la “Washingtonia” e altre. Da Bordighera furono così esportate innumerevoli palme nelle serre botaniche d’Europa, nel resto della Riviera e in Costa Azzurra, dove ornano tuttora giardini e viali come la Croisette di Cannes, la Promenade des anglais di Nizza, i giardini del Principato di Monaco. Purtroppo alcune cause hanno impoverito negli anni questo patrimonio botanico tipico della nostra città , chiamata appunto “Città delle Palme”: la esportazione delle palme dattilifere adulte (a partire dagli ultimi anni dell’ottocento, la introduzione delle nuove coltivazioni floricole nel ‘900 a scapito delle piantagioni di palme, l’espansione edilizia nel secondo dopoguerra, le malattie (punteruolo rosso in primis), la trascuratezza e l’abbandono delle campagne. Per salvaguardare una secolare caratteristica ambientale e la tradizione dei “Parmureli”, bisogna provvedere senza indugio a salvare le palme di Bordighera, specialmente le dattilifere che si trovano in caratteristici gruppi sparsi piacevolmente in strade e giardini, o in più consistenti palmeti. Ricordiamo le palme vicino al mare cantate dal poeta tedesco Scheffel al Giunchetu, quelle dell’ex Giardino Winter, presso la casa del Mattone, a Villa Donegani, alla Madonna della Ruota. Altre affacciate sul porticciolo, presso il Marabutto, sulla via Romana, nel giardino del Palazzo del Parco. Ma soprattutto salviamo i residui secolari palmeti collinari che costeggiano il Torrente Sasso, lungo il Beodo e l’ancora splendido, sebbene ridimensionato, Giardino Winter del Vallone, monumento nazionale, da conservare e valorizzare come “gioiello di famiglia” della nostra città.

 

(parzialmente tratto da sanremopalme e Paize Autu)